Il presidente dell’Associazione Fonografici Italiani Sergio Cerruti: “A seguito di una nostra indagine interna abbiamo rilevato gravi inadempienze da parte della tv di Stato. Spero che in questo periodo di cambiamento anche politico ci sia qualcuno disposto a difendere e tutelare i diritti dei lavoratori del mio settore esattamente come succede per tutti gli altri segmenti industriali”
Come anticipato dal quotidiano ‘Il Fatto Quotidiano’ nella giornata di domenica 4 settembre all’interno di un suo articolo (‘La Rai non paga i diritti. Protesta anche Vessicchio’), l’AFI – Associazione Fonografici Italiani, conferma di aver presentato un ricorso per decreto ingiuntivo contro la RAI, la tv di Stato, che negli ultimi dieci anni ha accumulato oltre cinque milioni di euro di debiti per diritti musicali non pagati. Come stabilito per legge, infatti, i produttori discografici sono titolari di diritti patrimoniali che si attivano ogni volta che una loro opera viene utilizzata dalle emittenti radiofoniche, televisive e cinematografiche. In forza della stessa legge, la Rai stipula accordi con le Associazioni dei produttori per l’utilizzo in licenza del repertorio da loro tutelato, prevedendo i rispettivi compensi (altrimenti determinati ex lege). Quindi, se da un lato le regole formali sono stabilite (al netto dei mancati rinnovi contrattuali, a solo titolo esemplificativo l’AFI è in regime di prorogatio rispetto ad un contratto del lontano 2013) dall’altro le azioni della società concessionaria sono sempre di natura informale con lo scopo unico di tutelare il proprio personale interesse, il quale nella pratica si traduce in milioni di euro sottratti ai produttori musicali. “È l’ennesima vicenda in pieno stile italiano che ricorda, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, che lo Stato ha perso il controllo di un’altra delle sue Concessionarie: all’interno della RAI si sono formate, infatti, sacche di resistenza che operano in maniera arbitraria e totalmente indisturbate, a discapito non solo dei produttori discografici (oltre che degli artisti, degli autori e delle loro delle imprese di riferimento), ma anche dei contribuenti, costretti al pagamento di un canone che finanzia un sistema sleale”, commenta Sergio Cerruti, Presidente dell’AFI.
A seguito di un opportuno approfondimento di AFI rispetto al repertorio dalla stessa gestito e utilizzato all’interno dei programmi Rai, infatti, l’Associazione ha rilevato gravi inadempienze e anomalie nel sistema di pagamento della tv pubblica nei confronti dei produttori discografici che hanno spinto l’Associazione a cercare un’interlocuzione risolutoria con i vertici dell’azienda. “La nostra volontà era quella di trovare insieme una rapida soluzione, riconoscendo la comune provenienza industriale delle due realtà. Nonostante le diverse comunicazioni e richieste d’incontro inoltrate agli organi dirigenziali dell’azienda oltre che al Consiglio di Amministrazione e all’AD Fuortes, nulla ci è stato concesso, se non la conferma che la RAI è alla stregua di un partito politico, fatto di pochi leader al comando che, contrariamente alle inclinazioni del periodo, non accettano nessuna forma di coalizione o cooperazione, neanche con coloro che producono parte dei suoi contenuti. Una tendenza che risulta ancora più assurda se valutata sotto il profilo della duplice provenienze e appartenenza delle due realtà al sistema confindustriale, (si ricorda che la RAI fa parte di Confindustria Radio e Tv e i l’AFI a Confindustria Cultura, di cui Cerruti è anche Vice Presidente). Siamo di fronte al fallimento di fatto di tutti i canali, pubblici e privati, nati con lo scopo di garantire un dialogo e una cooperazione tra imprese (dalla politica a Confindustria), a causa della mancata volontà di alcuni di onorare il proprio ruolo facendo in modo che a prevalere fossero gli interessi di parte e non il ‘sistema Paese’…”, aggiunge Cerruti.
Con una gestione che sembra essere impostata più su delle consuetudini che su delle regole certe, la RAI dimostra di lavorare per scopi di parte, districandosi neanche troppo elegantemente tra i vari interessi in gioco, quasi come se a spingerla ci fosse la consapevolezza che nessuno, in primis la politica, abbia veramente
il coraggio di metterci le mani “È alquanto sconsigliato contrapporsi alla RAI per chi, come me, ha fatto della musica il proprio lavoro – afferma Cerruti -, ma sin dal primo giorno in cui ho intrapreso questo ruolo l’ho interpretato con spirito di servizio e senso di responsabilità, due aspetti spesso assenti in un settore che registra un ritardo strutturale di oltre 20 anni, le cui cause sicuramente vanno ricercate anche nei sistemi gestionali degli addetti ai lavori. Per questo non mi risparmierò nel combattere ogni ingiustizia proveniente dalla Tv pubblica, nella speranza che in questo periodo di cambiamento anche politico ci sia qualcuno disposto a difendere e tutelare i diritti dei lavoratori dell’industria musicale esattamente come succede per tutti gli altri segmenti industriali.”, conclude il Presidente dell’AFI ribadendo la sua tenue speranza “il mio augurio è che la RAI voglia chiarire tutto e riconoscere ai miei associati quanto gli è stato tolto, spiegando che l’intera vicenda è ‘frutto’ di un ennesimo caso di malagestione e di disorganizzazione interna di un’azienda che, da decenni, è alla ricerca di sé stessa ma che, come troppo spesso accade, non riesce a (ri)trovarsi.”
Rassegna Stampa:
AgCult – Diritti musicali non pagati per oltre 5 mln, Afi presenta ricorso contro la Rai
Ilsole24h.com – Diritti musicali, Afi presenta decreto ingiuntivo contro Rai per 5 milioni
Rockol.it – AFI, ricorso contro la RAI per diritti non pagati